GIORNATA DI STUDIO 2019

L’amministrazione dell’emergenza: il caso Genova a un anno dall’evento

 

Il crollo del Ponte di Genova: la gestione dell’emergenza

di Alberto D’Ercole e Chiara Salustri Galli

Intervento pubblicato sulla Rivista Amministrazione in Cammino

 

Nessuna legge poteva previamente “provvedere” al caos derivante dal crollo del Ponte Morandi. Nessuna pianificazione o programmazione, fosse stata anche la più raffinata e minuziosa, avrebbe potuto strutturare un sistema di interventi per fronteggiare gli effetti prodotti dalla sciagura. Il tentativo di far fronte al quadro emergenziale ha quindi portato alla nomina di un commissario delegato per la gestione dell’emergenza (con Ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 539 del 20 agosto) e all’adozione di uno strumento normativo dedicato (il decreto legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130) prevedendo la nomina di un Commissario straordinario incaricato delle attività di demolizione, rimozione, smaltimento e conferimento in discarica delle macerie, nonché della progettazione, affidamento e ricostruzione dell’infrastruttura e del connesso sistema viario, riservando ad egli la possibilità di «operare in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’UE».

Su questi presupposti, la vicenda del crollo del Ponte Morandi, si fonda, attraverso una ripartizione delle competenze emergenziali a geometria variabile, sulla “convivenza” di due figure commissariali.

La nomina del Commissario straordinario, infatti, è stata normativamente e amministrativamente “preceduta” da quella del Commissario delegato, incaricato – secondo i canoni del decreto legislativo n. 1 del 2018 –  del coordinamento del piano degli interventi per la gestione dell’emergenza e del ripristino delle normali condizioni di vita delle popolazioni coinvolte, potendosi avvalere, per tali attività, delle strutture regionali, comunali e periferiche dello Stato, organizzate secondo il modello d’intervento regionale.

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